Violenze, discriminazioni, abusi nell’anno delle Pari Opportunità
Il 2007 è stato dichiarato l’anno delle pari opportunità, ma in tutto il mondo sono ancor troppe le discriminazioni e le violenze subite dalle donne, spesso proprio a causa dei tanti ruoli che hanno nella vita: lavoratrici, madri e a volte impegnate politicamente.
In Spagna, per esempio, questo sarà ricordato come l’ennesimo anno della violenza tra le mura domestiche. «Le aggressioni contro le donne continuano con una regolarità esasperante, malgrado la legge del 2004 contro la violenza di genere» scrive El Pais. «E la popolazione a rischio è numerosissima. Anche se nel 2006 sono aumentate le denunce per maltrattamenti, il numero delle morti è rimasto stabile. Sarà necessario applicare la legge con più severità. Però è evidente che il semplice allontanamento da casa non frena chi è disposto a uccidere comunque. In molti casi poi la denuncia fa scattare nell’aggressore una furia viscerale che spesso sfocia nell’omicidio. Tuttavia il problema è più complesso perché su dieci donne uccise nel 2006 sette non avevano sporto denuncia, Il che vuol dire che tacciono per paura o perché hanno sottovalutato il pericolo che corrono. Per questo è importante che le donne sappiano accettare l’aiuto e il sostegno offerti dai servizi di teleassistenza e di prevenzione».
Sulla difficoltà delle donne di chiedere aiuto prima che sia troppo tardi si sofferma anche Caitlin Moran su The Times, ragionando in tono semiserio sulla vita delle madri lavoratrici «uno dei temi più urgenti che dovrebbe affrontare il femminismo. Però è anche vero che tra le stesse donne esiste una di congiura del silenzio su cosa comporti davvero la maternità, in termini di salute, carriera e autostima. Perché stiamo zitte? Perché pensiamo che prima o poi lo scopriranno da sole anche le altre. Ma a chi giova questo silenzio? La società sta per arrivare a un punto di svolta sulla genitorialità e leggiamo spesso di come la struttura tradizionale del lavoro non sia più funzionale per i padri, le madri e soprattutto i figli. Dobbiamo smetterla di raccontarci che ce la possiamo fare a seguire tutto. È ora di rompere le scatole e dire quanto è dura e quanto siamo stanche finché non ci faranno stare zitte con orari flessibili, telelavoro, sgravi fiscali, biancheria dimagrante in omaggio e una seduta dal parrucchiere per quelle che hanno partorito in più di nove minuti».
Anche in Francia è il momento di cambiare, scrive Marie Darrieussecq su Liberation spiegando perché voterà Ségolène Royai: «Sono cresciuta vedendo solo uomini in tv – ricorda la scrittrice -. Il presidente era “il” presidente e i suoi ministri erano uomini, come sotto Luigi XIV. Io non potevo ambire al potere perché il potere era maschile. Ora se mia figlia avesse la bizzarra idea o la legittima aspirazione di candidarsi alla presidenza voglio che possa farlo al pari di mio figlio. E che lui non ritenga umiliante o strano il fatto di essere governato da una donna. Certo non voterei una donna di destra. E il fatto che io voti Ségolène perché è socialista, perché rappresenta una sinistra che, senza entusiasmarmi, offre una alternativa migliore di altre, è solo una faccenda mia. Ma lei è donna, la nostra prima donna che può diventare presidente».