Femminicidio: via da casa i mariti violenti e per gli stalker carcere obbligatorio

Femminicidio: via da casa i mariti violenti e per gli stalker carcere obbligatorio

 

Sì al decreto: la denuncia sarà irrevocabile, stretta anche sul web

ROMA – «E’ lotta senza quartiere al femminicidio». Parola di Enrico Letta che così ha commentato il decreto legge approvato ieri dal governo. Il premier ha ricordato, ringraziandola, che il lavoro per il varo dei provvedimenti a tutela delle fasce deboli fu avviato dall’ex ministro per le Pari Opportunità Josefa ldem, dimessasi il 24 giugno.

Il decreto legge fornisce nuove e più efficienti armi a forze dell’ordine e magistratura per la repressione dei maltrattamenti in famiglia, delle violenze sessuali e dei reati di stalking. Insomma, si tratta di un forte segnale politico affinché non si verifichi più la tragedia «delle ferite a morte», per dirla con il progetto teatrale dedicato al femminicidio di Serena Dandini. È il ministro dell’Interno a spiegare lo spirito della norma che tutti si aspettavano visto il dilagate del femminicidio.

«Gli obiettivi sono tre — ha detto Angelino Alfano — prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime». Come? «Intervenendo tempestivamente prima — ha aggiunto il titolare del Viminale — proteggendo la vittima, punendo il colpevole. E infine, agendo perché la catena persecutoria non arrivi all’omicidio».

Fra le misure varate dall’esecutivo, ci sono l’aggravante per il cyberbullismo, ovvero la violenza esercitata con i mezzi del web. Quindi, l’arresto obbligatorio per delitti di maltrattamento familiare e per gli stalker, l’irrevocabilità della querela per le violenze. E’ l’allontanamento del marito violento dai luoghi domestici con la forza pubblica. Per fermare l’escalation della violenza domestica (che in molti casi sfocia nell’omicidio) sarà possibile togliere la patente allo stalker potenziale assassino — per impedirgli di recarsi sul posto della vittima. Poiché molti casi di maltrattamenti si consumano nelle famiglie degli immigrati, è stato previsto un particolare sostegno alle vittime straniere anche attraverso il rilascio di un apposito permesso di soggiorno umanitario. L’approvazione del decreto è stato accolto con un plauso bipartisan e unanime di tutte le forze politiche. Ma inaspettatamente, ha incontrato le critiche degli avvocati.

Di misure «demagogiche» hanno infatti parlato i penalisti. «La materia dei rapporti familiari — spiega l’Unione della Camere Penali — si presta anche ad accuse strumentali sulla base delle quali domani si andrà direttamente in galera senza alcun filtro preliminare». «E’ questo, uno scenario preoccupante — aggiungono i legali — che, se accontenta le istanze dei forcaioli equamente distribuiti tra maggioranza ed opposizione, certamente imbarbarisce il sistema».

 

di Alberto Custodero

 

La scrittrice Michela Murgia: dubbi sul divieto di annullare l’esposto

“Un grande passo avanti ma le donne siano libere anche di cambiare idea”

ROMA — «Credo sia un passo avanti significativo per difendere le donne». Questo il commento della scrittrice Michela Murgia. «L’unico dubbio che mi rimane è quello sulla revocabilità della denuncia».

Per quale motivo?

«Perché spesso davanti alla ribellione della donna, e quindi davanti alla sua denuncia, si assiste a un escalation della violenza. E’ una grande responsabilità che lo Stato si assume perché chi impedisce alla vittima di revocare la denuncia deve poter garantire che l’inasprimento degli abusi non ci sarà. O che se ci sarà la donna verrà protetta. Lo dico perché nella stragrande maggioranza dei casi dal momento della querela le cose per chi ha subito violenze cominciano a peggiorare».

Quindi per lei le vittime dovrebbero poter ritirare la querela?

«Io ho sempre creduto che una donna debba avere la libertà di decidere se vuole o meno denunciare. Per questo non sono molto d’accordo con la procedibilità d’ufficio che prevede anche che possa essere il pronto soccorso a inviare una segnalazione a polizia e carabinieri. Questo vale ancora di più oggi: se una donna, a un certo punto, non se la sente di continuare l’iter processuale, deve poter fare un passo indietro. Non è giusto trasferire questo diritto alle forze dell’ordine. E’ un’ulteriore sottrazione che si fa a chi di violenze già ne ha subìte parecchie».

Le nuove disposizioni prevedono anche altre cose, ad esempio l’arresto in flagranza per stalking e maltrattamenti In famiglia.

«Sono d’accordissimo con tutto il resto del provvedimento approvato dal governo».

 

La regista Francesca Comencini: affrontata l’emergenza del Paese

“Oggi mi sento felice finalmente si è capito quanto vale la prevenzione”

ROMA — «La mia è una felicità quasi intima, personale. Come fondatrice di “Se non ora quando” ma anche come donna. E un cambio di passo importante che arriva in giorni in cui ci si ritrova a chiedersi cosa è uno Stato perché ci sono rappresentanti detto Stato che insultano donne rappresentanti dello Stato. Ora, finalmente, questa misura spunta come una risposta». Un fiume in piena la registra Francesca Comencini.

Una buona notizia, dunque.

«Il comportamento che ci si aspetta da uno Stato per risolvere quella che ormai è un’emergenza del Paese: la violenza sulle donne. Storie sempre più frequenti che, finora, ci hanno raccontato che le misure preventive sono insufficienti. Moltissime volte la denuncia c’era già stata. Ora forse qualcuno ha capito che è il caso di attrezzarsi un altro modo».

Ci sono diverse novità. Qualcuna la colpisce In particolare?

«Trovo importante il fatto di dare il permesso di soggiorno alle donne migranti vittime di violenza. Perché siamo di fronte a una complicazione maggiore rispetto all’essere “solo” una donna vittima di violenza».

Che già di per sé non sarebbe poco.

«Il concetto che vorrei che passasse è che le donne picchiate hanno bisogno di essere sostenute e tutelate, ma non sono deboli. C’è il rischio che questa campagna contro il femminicidio faccia prevalere una visione della donna come soggetto debole. Si deve invece raccontare la forza della donne. Anche di quelle che subiscono violenza e denunciano, intraprendendo un percorso coraggioso. Letta ha ringraziato Josefa Idem. lo vorrei ringraziare lei e tutte quelle donne dello Stato che, al di là della loro opinione politica, dicono la loro con autorevolezza. Donne che parlano anche di violenze ma che raccontano anche la forza delle donne e la debolezza degli uomini».

 

Parla la madre di Rosi Bonanno, uccisa dall’ex convivente a Palermo davanti al figlio di due anni

“Mia figlia ritirò quattro querele, con questa legge ora sarebbe viva”

PALERMO — Tra le mani stringe la foto della figlia e dice con la voce rotta dall’emozione: «Un mese, bastava solo un mese e Rosi si sarebbe potuta salvare. Questa legge è arrivata troppo tardi. Rosi è sotto terra e nessuno potrà più restituirmela. Spero però che si salvino altre donne». Teresa Matassa accoglie così la notizia dell’approvazione del decreto antifemminicidio. È arrabbiata, stanca di soffrire e nella sua casa della borgata di Villagrazia non trova più pace. La donna è la mamma di Rosi Bonanno, la venticinquenne di Palermo uccisa il 10 luglio scorso con sedici coltellate dall’ex convivente davanti al loro figlio di due anni. Lui, Benedetto Conti, è stato arrestato dopo il delitto, ma in un anno e mezzo era stato denunciato sei volte dalla sua ex.

Rosi aveva denunciato e poi ritirato quattro delle sei querele presentate. Adesso la legge prevede che la denuncia non si potrà più ritirare, proprio per evitare le minacce del partner violento.

«È esattamente quello che è successo alla mia Rosi. Ogni volta che lei presentava denuncia, lui tornava, la minacciava, si prendeva il bambino, e lei per riuscire a conquistare un po’ di serenità ritirava tutto. Noi le avevamo impedito di rivederlo, le dicevamo di non aprire la porta di casa. Lei si era trasferita da me da qualche mese. Quella mattina maledetta io e mio marito eravamo fuori e Rosi ha aperto la porta perché lui voleva vedete il figlio».

Adesso la polizia potrà allontanare un marito violento senza attendere un provvedimento della Procura.

«Sotto casa nostra carabinieri e polizia arrivavano ogni giorno. Tutte le telefonate sono registrate. In un anno e mezzo dalla prima denuncia è stato un delirio di segnalazioni. Rosi sarebbe stata salvata se le forze dell’ordine avessero potuto allontanare quell’assassino. Invece lui faceva quello che voleva e nessuno lo ha mai mandato via».

Cosa desidera per il futuro della sua famiglia? Avete un’assistenza legale?

«Siamo seguiti da due avvocati donne. Paola Rubino e Daniela Bullone, che stanno curando gli aspetti penali e civili. Usufruiamo del gratuito patrocinio. Per la mia famiglia chiedo solo giustizia. Giustizia per Rosi, per il mio nipotino rimasto orfano, per me e per mio marito. Quell’uomo non deve più uscire dal carcere. Solo così Rosi potrà riposare in pace».

Accanto alla donna arriva il figlio di Rosi, guarda la foto della madre e con un sorriso dice: «Ciao mamma, buon riposo».

 

di Romina Marocca

 

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